Lilium è un cortometraggio di 20 minuti che racconta la storia di Antonio, un macellaio che porta su di sé le conseguenze di una violenza a cui ha assistito durante l’infanzia. Il racconto lo segue nella sua vita quotidiana, che avrà una svolta inaspettata con l’arrivo di Lilia, permettendogli di coprire le proprie cicatrici.

Viste le location molto naturali, immersi nella tradizione di un piccolo borgo italiano, abbiamo deciso che anche gli strumenti dovessero essere il più naturali e tradizionali possibili, evitando di avere strumenti sintetici.

La caratteristica principale di questo lavoro è il basarsi su due temi, quello di lui e quello di lei, che devono convivere suonando contemporaneamente. Il primo è quello che si sente accennato subito all’inizio dalle note singole di pianoforte e poi subito dopo appena esce di casa; il secondo è quello che suona il pianoforte nella scena in macelleria, al primo incontro con Lilia. Questa scena è il “punto di rottura” tra vita reale (neutra, che serviva per introdurre il protagonista e il contesto) e la storia effettiva. Per questo i due temi convivono per la prima volta.

Vi è la mancanza di batterie, percussioni o qualsiasi elemento ritmico per evidenziare maggiormente l’instabilità psicologica del protagonista, e spaesare ulteriormente lo spettatore in modo che avesse riferimenti poco evidenti su dove aggrapparsi.

Inoltre, fatta eccezione per le scene iniziali (che servono solo per introdurre il primo tema, ovvero quello di Antonio) la musica deve comparire solo nei momenti di allucinazione, per accompagnare in maniera indiretta non solo il subconscio del protagonista, ma anche quello degli spettatori.

Altro ruolo importante lo hanno le frequenze basse, o meglio, l’assenza di frequenze basse per quasi tutto il corto. Questo perché, da un punto di vista emotivo, avevamo la sensazione che usarle sin da subito portasse ad un appesantimento generale della colonna sonora, e potevano quindi incidere sul voler nascondere l’effetto neutro che volevamo comunicare.
Infatti abbiamo deciso di farne uso solo alla fine, dove avviene tutto il dramma del cortometraggio e viene svelato tutto il suo dramma del passato (e del presente). Nella sequenza finale il tema suonato dal pianoforte viene suonato dalla chitarra elettrica. Questo perché mi sono immaginato una “distorsione semantica”: nel personaggio avviene una scissione, una distorsione con la realtà, quindi è stato utilizzato il moog (synth) al posto del contrabbasso e la chitarra elettrica distorta (solo per la sequenza finale) per far percepire questa distorsione anche con la musica.

Ultima scelta riguardo al tema: nella sequenza finale il tema suonato dal pianoforte viene suonato dalla chitarra elettrica. Questo perché mi sono immaginato una “distorsione semantica”: nel personaggio avviene una scissione, una distorsione con la realtà, quindi è stato utilizzato il moog (synth) al posto del contrabbasso e la chitarra elettrica distorta (solo per la sequenza finale) per far percepire questa distorsione anche con la musica.

Credits:
  • Andrea Balleari: colonna sonora, mix e master
  • Mattia Marano: regia
  • Antonio De Gregorio: produzione e montaggio
  • Francesca Paglialonga: fotografia
  • Anna Ripamonti: operatore di camera
  • Marco Sciannamea: presa diretta e sound design
  • Lucy Manfredi: violino
  • Federica Quaranta: viola
  • Ilaria Giorgi: violoncello

  • Recording: Daniele Zanotti (DuoTone Studio)